BORUSSIA DORTMUND-REAL MADRID: RE CARLO VII

 La storia si ripete, un'altra volta: il Real Madrid è campione d'Europa, per la quindicesima volta nella sua storia, grazie alla vittoria per 0-2 sul BVB decisa da Carvajal e Vinicius. Epilogo che lancia ancora di più nella storia Carlo Ancelotti, che con quella conquista ieri arriva a quota 7 Champions League, 5 da allenatore.

Sette Champions League. Due da giocatore e ben cinque da allenatore, due con il Milan e tre con il Real Madrid. Ieri Carlo Ancelotti si è preso l'ennesima rivincita di una carriera straordinaria, che lo lancia di diritto nell'élite della storia del calcio. Lui che dopo le esperienze con Napoli ed Everton era stato considerato indatto e non più al passo con i tempi, in tre anni dal suo ritorno a Madrid ha conquistato due Coppe dalle grandi orecchie, rispettivamente la quattordicesima e la quindicesima della storia dei Blancos.

Una partita che ha dimostrato un'altra volta, come se ce ne fosse ancora bisogno, il livello dell'allenatore di Reggiolo. I suoi ragazzi hanno saputo quando soffrire e quando azzannare la preda; perché se perdoni il Real, anche solo una volta, vieni punito severamente. Un finale dolce e amaro, fatto di emozioni, lacrime ed addii che hanno reso la notte più importante dell'anno, calcisticamente parlando, uno spettacolo meraviglioso.

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GLI IMBATTIBILI

9 su 9. Da quando la massima competizione europea per club ha acquisito il nome di Champions League il Real Madrid ha raggiunto nove finali, vincendole tutte. Spesso nel calcio si parla di DNA vincente, e niente meglio della squadra di Florentino Perez rispecchia questa definizione. Una partita che il Real sembrava stesse soffrendo con il Borussia, a cui vanno fatti mille complimenti per il percorso fatto e per la stessa finale di ieri, che per larghi tratti della partita ha avuto più energia ed è andata vicina al gol in diverse occasioni, il palo colpito da Füllkrug su tutte; ma i Blancos non muoiono mai e nella seconda frazione di gioco si è visto un cambio di passo fatale per gli uomini, inesperti, di Terzic.

 A stappare la partita è stata una leggenda del Real Madrid, Dani Carvajal, che ha girato in porta un calcio d'angolo perfetto di Toni Kroos che, alla sua ultima partita in carriera con la maglia bianca, è risultato come sempre decisivo ricevendo la standind ovation di Wembley al momento della sostituzione. A chiudere la finale invece ci ha pensato il candidato numero 1 al prossimo pallone d'oro: Vinicius Jr. Autore fino a quel momento di un match nervoso e non troppo brillante, fatta eccezione per un tunnel fantascentifico ai danni di Ryerson, ma che nel momento decisivo ha saputo trasformare l'assist di Bellingham nel gol dello 0-2, che ha consegnato al Real Madrid la quindicesima Champions della sua incredibile storia.

La vecchia guarda e la nuova generazione di fenomeni: così il Real ha conquistato l'Europa per l'ennesima volta. E se adesso l'entusiasmo a Madrid è alto, lo sarà ancora di più per l'arrivo, già ampiamente annunciato, di Kylian Mbappé questa estate.

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LACRIME DI DOLORE, LACRIME DI GIOIA

Come in ogni finale si hanno dei vincitori, ma anche degli sconfitti. La favola del BVB, allenato da un proprio tifoso (era sugli spalti a Wembley nel 2013), con un capitano che si sarebbe meritato un finale diverso, è terminata sul più bello davanti ai giganti d'Europa del Real. Per la seconda volta consecutiva, a distanza di 10 anni, i gialloneri perdono la finale a Wembley e la loro bandiera, Marco Reus, non è riuscito a portare a termine l'impresa con cui avrebbe voluto chiudere la sua meravigliosa carriera nel Borussia Dortmund. Ma il destino si sa, può giocare brutti scherzi, e questa volta lo ha giocato al numero 11 dei tedeschi perché il gol che sblocca il match arriva subito il suo ingresso in campo, come una maledizione. Sono le lacrime del leader Mats Hummels, presente anche lui contro il Bayern nel 2013, che rendono l'idea di che impresa stava per compiere questa squadra. La vittoria non è arrivata, ma rimangono gli applausi, strameritati, che i propri tifosi hanno riservato al Borussia durante la passerella finale

Nel Real Madrid, invece, le lacrime sono state versate per altre ragioni. Chi per commozione ed emozione, vedi Bellingham e Carvajal, chi invece perché sa di aver fatto la storia e sa di lasciare il calcio nel miglior modo possibile, vincendo come ha sempre fatto: Toni Kroos. 18 trofei internazionali (nessuno come lui nella storia), 6 Champions e tante, tantissime giocate da campione che lo hanno portato di diritto nell'olimpo dei migliori centrocampisti che il calcio abbia mai visto e vissuto. E Ancelotti lo sa bene, perché quella passerella che gli ha dedicato a 5 minuti dalla fine sostituendolo con il compagno di una vita Luka Modric, rappresenta per Kroos il giusto modo per salutare quel gioco, che tanto gli ha dato e che tanto ha ricevuto in cambio da lui.


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